La prognosi dei pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA o AML, dall’acronimo inglese acute myeloid leukemia) è spesso infausta a causa dell’aggressività della malattia e della frequente ricaduta (recidiva). Ad oggi purtroppo disponiamo di un numero limitato di opzioni di trattamento per l’AML, perciò i ricercatori stanno studiando nuove strategie terapeutiche. Molte ricerche recenti sono focalizzate sull’immunoterapia basata sulle cellule Natural Killer (NK) 1.
Le cellule NK sono – come i linfociti B e i linfociti T – globuli bianchi della linea linfoide. Il loro compito specifico è individuare e distruggere le cellule infettate da virus e le cellule tumorali2.
Le cellule NK possono utilizzare diversi meccanismi per uccidere la cellula bersaglio, il più importante dei quali consiste nel crearvi dei “buchi”: rilasciano granuli che contengono perforina e granzima B che si inseriscono nella membrana cellulare, formando dei pori attraverso cui entrano i fluidi extracellulari che fanno letteralmente scoppiare la cellula. Un secondo meccanismo consiste nell’indurre la morte programmata (apoptosi) della cellula bersaglio: le cellule NK hanno sulla superficie delle molecole (es. TRAIL) che legano dei recettori presenti sulla cellula tumorale (es. TRAIL-R), l’interazione tra ligando e recettore attiva una cascata di eventi che porta alla morte cellulare della cellula tumorale. Un altro meccanismo è costituito dalla citotossicità cellulare mediata da anticorpi: le cellule NK riconoscono le cellule a cui si sono legati anticorpi IgG, l’interazione tra il recettore per l’anticorpo e l’anticorpo fa sì che la cellula NK produca citochine e degranuli, con conseguente lisi della cellula maligna2.
L’attivazione delle cellule NK è un processo complesso regolato da due classi di recettori: i recettori inibitori (es. recettori KIR) fanno in modo che le cellule NK non uccidano le cellule sane (su queste ultime, infatti, ci sono delle molecole che legano i recettori inibitori presenti sulle cellule NK, bloccandone l’attivazione); i recettori attivatori (es. recettori NCR), al contrario, legano ligandi che inviano segnali attivatori che danno il via ai meccanismi citotossici1.
Se nell’organismo ci sono questi microscopici killer che possono eliminare le cellule leucemiche perché ciò non avviene nell’AML? Innanzitutto, il numero delle cellule NK è ridotto; ci sono studi che mostrano che l’abbondanza delle cellule NK nei pazienti con AML sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche si associa alla prognosi: più ce ne sono, migliori sono le chance di sopravvivenza1. In secondo luogo, in molti pazienti le cellule NK hanno bassi livelli di espressione dei recettori attivatori o alti livelli di recettori inibitori1,2. Inoltre, nell’AML la maturazione delle cellule NK è alterata3. Per sottrarsi all’attacco dei globuli bianchi killer, le cellule leucemiche riducono l’espressione dei ligandi dei recettori attivatori oppure esprimono inibitori dei checkpoint immunologici, molecole che “mettono un freno” alle risposte delle cellule NK1,2.
Le proprietà antitumorali delle cellule NK ne fanno potenziali “strumenti” per la lotta all’AML e ad altri tumori. Al momento le ricerche si concentrano su tre strategie: il trasferimento adottivo di cellule NK, le terapie CAR-NK e gli anticorpi BiKE e TriKE.
Per trasferimento adottivo (adoptive transfer) si intende la somministrazione di cellule non modificate, fatte moltiplicare e attivate in laboratorio. Usando le cellule NK del paziente stesso (trasferimento adottivo autologo) si elimina il rischio che queste vengano rigettate o scatenino una pericolosa complicanza, la malattia del trapianto contro l'ospite (Graft Versus Host Disease, GVHD). Quando però le cellule del paziente sono di scarsa qualità – a causa delle terapie già affrontate – è meglio ricorrere alle cellule di un donatore sano compatibile (trasferimento adottivo allogenico)2.
Sebbene l’adoptive transfer abbia dato qualche prova di efficacia nell’AML, oggi si punta molto di più sulle terapie CAR-NK, una “versione modificata” delle terapie CAR-T1. Come per le CAR-T, si utilizzano globuli bianchi sottoposti a ingegneria genetica affinché esprimano un recettore chimerico per l’antigene (CAR, una molecola che permette di riconoscere le cellule tumorali che vengono poi uccise), però non si parte dai linfociti T, ma dalle cellule NK2. Le NK da ingegnerizzare possono essere ricavate dal sangue periferico di donatori o da sangue di cordone ombelicale, in alternativa si possono usare linee cellulari (es. NK-92) o cellule differenziate da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC)4.
La facilità con cui se ne possono ricavare grandi quantità – con tempi e costi di produzione ridotti – è uno dei vantaggi delle CAR-NK rispetto alle CAR-T4. Studi preliminari hanno suggerito che le CAR-NK hanno un profilo di sicurezza migliore perché ci sono minori rischi di sindrome da rilascio di citochine, di tossicità neurologica e di GVDH4. Inoltre, le CAR-NK sono in grado di uccidere le tumorali anche quando queste – nel tentativo di sfuggire all’attacco del sistema immunitario – perdono l’espressione delle molecole (antigeni tumorali) riconosciuti dai CAR e sono quindi potenzialmente più efficaci5. D’altra parte, le CAR-NK non vivono a lungo quanto le CAR-T, perciò si pensa che sarebbenecessario ripetere l’infusione più volte; i ricercatori stanno studiando come prolungare l’emivita delle CAR-NK, per esempio facendo in modo che vengano prodotte citochine (IL-2, IL15) che hanno esattamente questo effetto sulle cellule NK4. Gli studi sulle CAR-NK non riguardano solo l’AML, ma anche il mieloma multiplo e i linfomi4.
Un'altra possibile strategia è quella dei cosiddetti NK cell engager (NKCE, “arruolatori di cellule NK”): anticorpi che creano un ponte – in gergo si parla di “sinapsi immunologica” – tra la cellula tumorale e la cellula NK che, a stretto contatto con il bersaglio, riesce a provocarne la morte3. Si tratta di anticorpi monoclonali artificiali bispecifici (bi-specific killer engagers, BiKE) o trispecifici (tri-specific killer engagers, TriKE)6: i BiKE contengono porzioni di due anticorpi con diversa specificità: una che riconosce e lega una molecola attivatoria sulle cellule NK (tipicamente CD16) e una che riconosce e lega una molecola espressa sulle cellule tumorali (un antigene tumore-associato, come CD33 nelle neoplasie mieloidi)1; i TriKE contengono un terzo elemento, per esempio un frammento di IL-15, una citochina che aumenta la proliferazione, la sopravvivenza e il potenziale citotossico delle cellule NK1.
Di fatto, BiKE e TriKE sono “cugini” dei BiTE e dei TriTE, T cell engager che creano la sinapsi immunologica tra una cellula tumorale e un linfocita T2. Studi preclinici hanno mostrato che BiKE e TriKe sono in grado di attivare le cellule NK, portando alla distruzione di cellule di AML2. Prima di poter portare in clinica questi nuovi farmaci i ricercatori dovranno però trovare una soluzione a diversi problemi irrisolti, tra cui come contrastare l’ostilità del microambiente tumorale che “spegne” le risposte delle cellule NK e come aumentare la persistenza di queste cellule a vita breve6.Tutte queste strategie basate sulle cellule NK sono considerate molto promettenti, ma sono ancora nelle fasi iniziali di sviluppo, solo studi clinici ben disegnati potranno chiarirne la reale efficacia nell’essere umano.
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