Ecco un’anteprima del risultato

18 Dicembre 2024

Ecco un’anteprima del risultato

I test “ex vivo” in cui le cellule tumorali del paziente vengono esposte “in provetta” a una batteria di farmaci hanno un doppio potenziale: permettono di predire la risposta clinica e quindi di personalizzare le cure, in più aiutano a mettere a punto strategie terapeutiche alternative.

Sempre più frequentemente si sente parlare di “medicina di precisione”: si tratta di un approccio al trattamento basato sulla caratterizzazione della malattia del singolo paziente; quando la malattia in questione è un tumore si parla di “oncologia di precisione”1.

Analizzando il profilo genomico (la sequenza del DNA) è possibile identificare alterazioni specifiche del tumore di un paziente e in base a ciò selezionare il trattamento più adatto. Questo passaggio è fondamentale per l’utilizzo dei cosiddetti farmaci “a bersaglio molecolare”, che funzionano solo in presenza di una precisa alterazione. Ricorrendo a trattamenti più efficaci aumenta la probabilità di prolungare la sopravvivenza e/o curare la malattia, con un rischio ridotto di effetti collaterali1. L’analisi del DNA dei tumori già oggi è parte integrante della diagnosi delle neoplasie ematologiche e contribuisce alla personalizzazione della strategia terapeutica1.
La medicina di precisione però non si esaurisce con l’analisi del genoma: esiste anche la “medicina funzionale di precisione” che sfrutta test di laboratorio per valutare il comportamento delle cellule del paziente e predire l’efficacia delle terapie2,3. Gli sono detti esperimenti “ex vivo”. Il pilastro della medicina funzionale di precisione sono i test ex vivo – esperimenti in cui si prelevano cellule dal paziente e ne si studiano le risposte “in provetta” – di sensibilità ai farmaci: le cellule tumorali prelevate dal paziente sono esposte a una batteria di farmaci per studiare quali ne inducono la morte2. Per evitare di classificare come effetto antitumorale un effetto tossico generale, in parallelo si utilizzano cellule sane come controllo1.
Ci sono numerosi studi che dimostrano che i test ex vivo hanno valore predittivo4. Per esempio, in uno studio condotto su pazienti con leucemia mieloide acuta (AML) trattati con una combinazione di venetoclax e azacitidina, i risultati del saggio avevano una buona correlazione con gli esiti del trattamento: l’88% dei pazienti le cui cellule erano risultate sensibili a venetoclax-azacitidina ex vivo aveva effettivamente risposto alla terapia. Non solo, la sopravvivenza dei pazienti “sensibili” era significativamente più lunga di quella dei pazienti “non sensibili” (14,6 mesi contro 3,5)5.
Il fatto che l’Associazione Europea di Ematologia (EHA) abbia stabilito che il gruppo di lavoro sulla medicina di precisione si debba occupare anche di medicina funzionale di precisione testimonia la credibilità di questa strategia: è ragionevole pensare che, integrando la caratterizzazione genomica e quella funzionale, sia possibile individuare terapie efficaci per un numero più elevato di pazienti2.

Test che mettono alla prova

Mettere a punto i test ex vivo di sensibilità ai farmaci non è semplice. Il requisito essenziale è mantenere le cellule del paziente vive e funzionalmente intatte al di fuori del corpo umano3. Innanzitutto, il campione di partenza deve essere di buona qualità6. È necessario poi ottimizzare i protocolli di coltura, così che la sensibilità mostrata nelle condizioni sperimentali rifletta quello che accadrebbe “in vivo” (ossia quando il farmaco è introdotto nell’organismo)2.
Le cellule di mieloma multiplo (MM), per esempio, sono assai sensibili al “microambiente”, quindi, per mantenerle vitali bisogna addizionare il terreno di coltura con il giusto mix di sostanze2. Il MM normalmente cresce nel midollo osseo, un tessuto in cui sono presenti diversi tipi di cellule – tra cui cellule stromali, cellule endoteliali, osteoclasti e cellule immuni – che interagiscono con le cellule maligne; la coltura in laboratorio dovrebbe riprodurre la complessità della realtà: i ricercatori sono al lavoro per generare e ottimizzare culture tridimensionali (3D) in cui non sono presenti solo le cellule mielomatose, ma anche quelle che possono contribuire alla risposta o alla mancata risposta ai farmaci7.
Le cose sono particolarmente complesse quando si vogliono testare terapie avanzate in cui cellule non tumorali, solitamente cellule del sistema immunitario, contribuiscono ad eliminare il tumore: in questo caso il saggio di laboratorio deve essere modificato per includere reagenti o entità coinvolti nel meccanismo d’azione dei farmaci3. Anche se complicato ciò è possibile, ne sono esempi diversi studi che riguardano terapie per le neoplasie ematologiche basate sull’uso di anticorpi3. Uno studio che ha dimostrato che aggiungere il fattore di crescita G-CSF aumentava la citotossicità di gemtuzumab ozogamicin contro l’AML ha fornito il razionale per il suo uso in clinica3. Test ex vivo hanno mostrato la potente attività di dell’anticorpo bispecifico talquetamab contro le cellule di MM di pazienti con malattia di nuova diagnosi o con MM refrattario, gettando le basi per gli studi clinici che hanno portato all’approvazione del farmaco8. Sempre relativamente al MM, studi che hanno utilizzato test di sensibilità hanno evidenziato l’impatto delle terapie con anticorpi sulle cellule NK, stimolando la progettazione di nuove strategie, inclusa la combinazione di agenti terapeutici, per potenziarne l’efficacia3.

Si sperimentano nuove strade

Una delle opportunità offerte dai test ex vivo è proprio testare combinazioni di farmaci. Spesso le “terapie combinate” ottengono risultati migliori di quelli che si osservano con i singoli componenti: sperimentando in modo sistematico le varie combinazioni i ricercatori possono individuare interazioni sinergiche promettenti3. I test di sensibilità possono essere eseguiti usando pannelli di farmaci (drug library) venduti da aziende specializzate oppure con pannelli realizzati dai ricercatori stessi che possono quindi testare sia farmaci già esistenti che agenti sperimentali2. Esistono diversi metodi con cui misurare l’effetto dei farmaci, alcuni molto semplici (per esempio, tecniche che usano sostanze che colorano il campione se le cellule muoiono), altri più sofisticati che sfruttano la citofluorimetria o tecniche di imaging e permettono di ricavare informazioni addirittura a livello di singola cellula1.
Anche in questo campo l’intelligenza artificiale può dare una marcia in più: con il machine learning si possono analizzare molte variabili contemporaneamente inclusi i profili genetici e molecolari del tumore e le caratteristiche cliniche dei pazienti, individuando gli elementi comuni e quindi i gruppi di pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente di una certa terapia3.
I test ex vivo sono utili anche per comprendere i meccanismi di resistenza ai farmaci, come dimostra un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications. I ricercatori hanno combinato i risultati del test di sensibilità ai farmaci con le informazioni ricavate dall’analisi genomica, trascrittomica e proteomica e con i dati clinici di 21 pazienti con AML refrattaria o recidivante (rrAML). Hanno così caratterizzato cambiamenti a livello molecolare che si associavano alla resistenza a venetoclax in pazienti mai trattati prima con il farmaco (resistenza innata) o in quelli già trattati (resistenza acquisita). Grazie a queste informazioni hanno identificato e testato con successo sulle cellule due trattamenti che potrebbero offrire nuove chance a sottogruppo di pazienti con rrAML4.Naturalmente il gold standard – il metodo più accurato e affidabile – per valutare l’efficacia dei farmaci resta l’esecuzione degli studi clinici randomizzati, tuttavia, la ricerca clinica ha costi elevati, richiede tempi lunghi per generare risultati e non sempre chiarisce quale relazione ci sia tra i processi molecolari e le risposte cliniche. Per questi motivi lo screening ex vivo è uno strumento potente per sviluppare nuove terapie, approfondire i meccanismi di risposta, trovare nuove indicazioni per farmaci già disponibili, individuare combinazioni sinergiche e offrire ai pazienti la terapia più efficace6.

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Referenze:
  1. Rosenquist R, et al. Novel precision medicine approaches and treatment strategies in hematological malignancies. J Intern Med. 2023;294(4):413-436. doi:10.1111/joim.13697.
  2. Ayuda-Durán P, et al. Standardized assays to monitor drug sensitivity in hematologic cancers. Cell Death Discov. 2023;9(1):435. doi:10.1038/s41420-023-01722-5.
  3. Lee H, Ko N, et al. Recent advances in and applications of ex vivo drug sensitivity analysis for blood cancers. Blood Res. 2024;59(1):37. doi:10.1007/s44313-024-00032-8.
  4. Wegmann R, et al. Single-cell landscape of innate and acquired drug resistance in acute myeloid leukemia. Nat Commun. 2024;15(1):9402. doi:10.1038/s41467-024-53535-4.
  5. Kuusanmäki H, et al. Ex vivo venetoclax sensitivity testing predicts treatment response in acute myeloid leukemia. Haematologica. 2023;108(7):1768-1781. doi:10.3324/haematol.2022.281692.
  6. Cucchi DGJ, et al. Ex vivo cultures and drug testing of primary acute myeloid leukemia samples: Current techniques and implications for experimental design and outcome. Drug Resist Updat. 2020;53:100730. doi:10.1016/j.drup.2020.100730.
  7. Lourenço D, et al. Patient-derived multiple myeloma 3D models for personalized medicine-are we there yet? Int J Mol Sci. 2022;23(21):12888. doi:10.3390/ijms232112888.
  8. Verkleij CPM, et al. Preclinical activity and determinants of response of the GPRC5DxCD3 bispecific antibody talquetamab in multiple myeloma. Blood Adv. 2021;5(8):2196-2215. doi:10.1182/bloodadvances.2020003805.