Ciò è vero anche quando l’evento in questione è la malattia: per questo è importante ascoltare il paziente in merito agli effetti collaterali delle terapie. Sebbene questo ragionamento possa sembrare ovvio, l’acquisizione e la valorizzazione di quelli che sono definiti “patient-reported outcomes” (PRO) – ossia “esiti riferiti dal paziente” – rappresenta un cambio di rotta rispetto al passato.
Solo in anni relativamente recenti, infatti, ci si è accorti che, quando si parlava di effetti collaterali, c’era una “voce mancante” come l’ha definita Ethan Basch, oncologo e professore di Medicina e salute pubblica all’Università della Carolina del Nord (USA), in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine1. Ci si è sempre basati sul presupposto che i medici possano fornire un ritratto accurato delle esperienze dei pazienti, tuttavia, questo presupposto è stato smentito da diversi studi che hanno dimostrato che i medici tendono a sottostimare la gravità dei sintomi, che a volte non ne notano alcuni e che ciò può determinare una gestione inadeguata della tossicità dei farmaci1. Basch afferma che “i pazienti hanno il diritto di conoscere le impressioni dei loro pari e che gli scienziati, le autorità regolatorie e i medici dovrebbe avere accesso a quelle impressioni quando si valutano i farmaci”1.
Prima che una nuova terapia possa essere utilizzata in clinica deve ricevere l’autorizzazione da parte dell’agenzia regolatoria– l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) in Europa e la Food and Drug Administration (FDA) negli USA – che viene rilasciata dopo un’attenta valutazione dei benefici e dei rischi derivanti dal suo utilizzo. Tale valutazione viene fatta esaminando i risultati di studi clinici in cui si misurano esiti – in inglese endpoint – di efficacia terapeutica (es. aumento della sopravvivenza) e di sicurezza (insorgenza di eventi avversi)2.
Molti eventi avversi sono evidenziabili con esami di laboratorio o strumentali (es. anemia, alterazioni del ritmo cardiaco) oppure con una visita (es. reazioni cutanee, aumento della pressione sanguigna). Le tossicità sintomatiche – come la fatigue, il dolore, la mancanza di appetito – sono invece esperienze soggettive la cui comparsa e intensità è nota solo al paziente2.
È stato osservato queste tossicità sono spesso sottostimate, per problemi di giudizio – perché il medico ritiene che siano sintomi dovuti alla malattia o a trattamenti precedenti o perché presta poca attenzione a sintomi lievi – o di comunicazione – perché il medico non chiede se sono presenti, cosa che succede specialmente con i sintomi inattesi o inusuali, e perché il paziente non li segnala2.
Se gli effetti collaterali registrati durante studi clinici sono sottostimati, il paziente non verrà informato correttamente su quello che potrà sperimentare durante la cura. Evitare che ciò accada è importante perché un’esperienza troppo provante rispetto all’atteso potrebbe influire negativamente sull’aderenza alla terapia2.
I PRO hanno la funzione di catturare una parte di informazione sull’esperienza del paziente altrimenti mancante. L’FDA definisce i PRO “misure dello stato di salute di un paziente riportate direttamente dal paziente senza ulteriore interpretazione da parte di un operatore sanitario o di chiunque altro”3. Si misurano utilizzando questionari o scale validate (scale di misurazione che hanno dimostrato di poter misurare l’esito di interesse in modo coerente e appropriato)2.
Il carico dei sintomi e la valutazione della qualità della vita (QoL, dall’inglese quality of life) sono tra i PRO più utilizzati in oncologia4. Sia la Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) che la Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) hanno inserito i PRO tra gli esiti da considerare quando si giudica il valore clinico di una nuova cura contro il cancro e riconoscono un valore aggiuntivo alle terapie che dimostrano di migliorare la QoL e altri PRO5.
Un gruppo di ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston ha passato in rassegna gli studi clinici randomizzati di fase 3 – la fase più avanzata della sperimentazione clinica – degli ultimi 5 anni condotti su pazienti adulti con tumori ematologici e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli5. Su 90 studi, 66 (73%) avevano compreso PRO tra gli endpoint, ma solo in un caso come endpoint primario – il più importante, in base a cui si stabilisce se una sperimentazione ha avuto successo o ha fallito. Inoltre, in meno della metà di questi studi i dati dei PRO erano riportati nella pubblicazione con cui gli sperimentatori comunicavano alla comunità scientifica i risultati ottenuti5. Sembra quindi che ci sia interesse nei PRO, ma che restino ampi spazi di miglioramento nella loro raccolta e utilizzo.
L’inclusione dei PRO tra gli endpoint era più frequente negli studi sul mieloma multiplo (rispetto a quelli su linfoma, leucemia o sindrome mielodisplastica) e negli studi in cui il farmaco andava somministrato a tempo indefinito5. Secondo gli autori della revisione della letteratura, pubblicata sulla rivista JAMA Network One, è possibile che la prospettiva di un’esposizione prolungata al farmaco “possa incentivare una comprensione più sfaccettata degli effetti avversi segnalati dai pazienti nel tempo”5. Un altro caso in cui i PRO sono particolarmente rilevanti, secondo gli autori, è quella della malattia recidivata o refrattaria, quando i medici devono “bilanciare attentamente il controllo della malattia con i sintomi del paziente e gli effetti tossici correlati al farmaco”5.
C’è chi ha avanzato dubbi sulla fattibilità di un approccio incentrato sul paziente per il monitoraggio della sicurezza dei farmaci adducendo problemi di strumenti o di risorse, tuttavia, come scrive il professor Basch nell’articolo già citato, questi problemi non appaiono più insormontabili1.
Relativamente agli strumenti, il National Cancer Institute statunitense ha sviluppato i PRO–CTCAE una versione dei CTCAE – Common Terminology Criteria for Adverse Events, criteri standardizzati con cui si classificano gli eventi avversi negli studi clinici oncologici – disegnata specificamente per offrire la prospettiva del paziente sulla tossicità2. Questo sistema di misurazione dei PRO indaga 78 tossicità sintomatiche, tra cui alcune non considerate in altri questionari2. Sviluppato in inglese è stato tradotto e validato in più di 30 lingue, incluso l’italiano6. Per i pazienti con tumori ematologici è stato sviluppato uno strumento specifico – l’HM-PRO (hematological malignancy specific patient-reported outcome measure) – che, attraverso 42 domande, valuta gli effetti della terapia sul benessere fisico, emotivo e sociale e sul comportamento alimentare del paziente7.
Quanto alla somministrazione dei questionari si può contare sulla tecnologia: consegnando al paziente in sala d’attesa un tablet con una versione elettronica (electronic Patient-Reported Outcomes, ePRO), i risultati sono visualizzabili in tempo reale sul computer del medico4. Con un investimento minimo e senza un aggravio di lavoro per il personale sanitario, il medico ha a disposizione un resoconto dettagliato degli effetti collaterali sperimentati dal paziente e durante la visita si può concentrare direttamente su ciò che richiede di essere affrontato.
Usando strumenti basati sul web o app per lo smartphone, i PRO potrebbero essere raccolti anche tra una visita e l’altra4. Questo sistema perciò non è utile solo per gli studi clinici, ma anche nella routine, per intervenire tempestivamente in caso di tossicità acute e per decisioni terapeutiche più informate e personalizzate4.
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