CLL: un test per prevedere l'outcome dei trattamenti

LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

CLL: un test per prevedere l'outcome dei trattamenti

Un gruppo di ricerca dell’Università di Cardiff ha messo a punto un test in grado di prevedere come un paziente affetto da leucemia linfatica cronica (CLL) risponderà alle terapie. Non nell’arco di tempo di settimane, come spiega la ricerca…

» Un gruppo di ricerca dell’Università di Cardiff ha messo a punto un test in grado di prevedere come un paziente affetto da leucemia linfatica cronica (CLL) risponderà alle terapie. Non nell’arco di tempo di settimane, come spiega la ricerca pubblicata su Leukemia, ma in un solo giorno. Il test è un miglioramento del test STELA (Single Telomere Length Analysis) che si basa sulla lunghezza dei telomeri, ovvero le estremità dei cromosomi, per predire la progressione della malattia nei pazienti.

«Non tutti i pazienti traggono benefici uguali dalla chemioterapia, e questo test è l'unico disponibile in grado di prevedere con precisione come i pazienti possano rispondere. La nostra ricerca fornisce una forte evidenza che un numero significativo di pazienti dovrebbe ricevere trattamenti più appropriati», ha spiegato Duncan Baird, coautore della ricerca.

I pazienti colpiti da CLL producono versioni mutate di globuli bianchi che si accumulano nel sangue, nel midollo osseo e nei linfonodi. Come spiegano gli autori dello studio, finanziato dall’organizzazione no-profit Bloodwise, che promuove la ricerca sui tumori del sangue, questa malattia non progredisce al medesimo ritmo in tutti i pazienti e in alcuni non progredisce affatto. Fino ad oggi non era ancora stato realizzato un test che potesse dire quanto velocemente il tumore si sarebbe sviluppato in ogni singolo paziente.

Il test messo a punto a Cardiff, che rappresenta, appunto, una versione migliorata del test STELA, misura la lunghezza dei telomeri, che impediscono ai cromosomi di “sfilacciarsi”. Ogni volta che una cellula si divide per riprodursi queste estremità si accorciano fino a quando non scompaiono del tutto e il cromosoma rimane senza protezione. Questo porta a un danno al DNA contenuto nei cromosomi che accelera la progressione del tumore. I ricercatori hanno dimostrato che le persone che hanno telomeri molto corti al momento della diagnosi hanno molte più probabilità di avere un cancro in rapida evoluzione.

Nel loro studio, gli scienziati hanno analizzato i campioni di 260 pazienti per capire se questo test avrebbe consentito di prevedere la risposta dei pazienti alle terapie. La ricerca ha scoperto che i pazienti con i telomeri più corti hanno presentato una recidiva prima rispetto ai pazienti con le estremità dei cromosomi più pronunciate. Nello specifico i primi hanno sviluppato una recidiva in media 3,7 anni dopo la fine del trattamento, mentre i secondo 5,5 anni dopo.

Gli scienziati hanno poi confrontato questo test con un altro utilizzato finora, quello basato sulle mutazione del gene IGHV. I pazienti che presentano questi mutazioni riportano, in genere, risultati migliori dei pazienti che ne sono privi. Il test STELA sarebbe risultato un predittore di recidiva più accurato rispetto a questo e a qualsiasi altro test usato attualmente.



Secondo gli studiosi, oltre a poter guidare studi clinici per trattamenti sempre più precisi della leucemia linfatica cronica, questo test potrebbe avere implicazioni anche per altre neoplasie, inclusi il mieloma e il tumore della mammella.

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Bibliografia e Fonti:

Norris K, Hillmen P, Rawstron A, et al. Telomere length predicts for outcome to FCR chemotherapy in CLL, Leukemia, 2019; s41375. doi: 10.1038/s41375-019-0389-9.