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Dott. Paolo Milani
Medico del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università degli Studi di Pavia
La base del razionale della terapia per l’amiloidosi AL è attualmente cercare di ottenere una rapida e profonda riduzione della produzione delle catene leggere monoclonali tossiche, vero effettore del danno agli organi colpiti.
Questo obiettivo può essere raggiunto con specifici trattamenti chemioterapici che hanno lo scopo di colpire le plasmacellule produttrice delle catene leggere.
Esistono oggi numerose opzioni di trattamento che devono essere definiti a seconda delle condizioni cliniche del paziente al momento della diagnosi, in particolare guardando alla presenza ed alla gravità degli organi coinvolti dalla malattia prima dell’inizio del trattamento. È ormai ampiamente dimostrato da numerosi studi che, ottenere una riduzione della concentrazione della proteina monoclonale responsabile della formazione di depositi di amiloide, si traduca in un miglioramento della funzione degli organi interessati e di conseguenza, un miglioramento della prognosi.
Il trattamento dell’amiloidosi AL differisce in modo sostanziale dalla terapia delle altre forme di amiloidosi. Pertanto, prima dell’inizio della terapia, è fondamentale accertare con precisione il tipo di amiloidosi e riuscire ad effettuare una diagnosi precoce, in modo da avere più possibilità di iniziare il trattamento prima che il danno agli organi colpiti sia irreversibile.
Allo stesso tempo, vengono offerti ai pazienti trattamenti di supporto che mirano a mitigare o eliminare i sintomi e i danni riportati dagli organi e, di conseguenza, puntano a produrre miglioramenti nella qualità di vita. Questi trattamenti variano a seconda dell’organo/degli organi interessati dalla malattia e sono anch’essi su misura per ogni paziente. Richiedono spesso un approccio globale al paziente e la partecipazione di multiple figure di specialisti, che siano in grado di comprendere e affrontare anche i possibili effetti collaterali indotti dal trattamento stesso. Pertanto, è utile che il paziente sia seguito presso centri di riferimento dove la collaborazione tra specialisti differenti è già instaurata e la conoscenza della malattia è maggiore.
Per esempio, i pazienti colpiti al cuore o ai reni possono beneficiare della somministrazione di diuretici, dovrebbero ridurre il consumo di sale e indossare calze a compressione graduata, e in alcuni casi prendere in considerazione l’impianto di un pacemaker. Pertanto, la collaborazione con un centro cardiologico o con specialisti nefrologi esperti in questa patologia è fondamentale. Quelli invece in cui è coinvolto il tratto gastro intestinale possono ottenere miglioramenti con cambiamenti nell’alimentazione o farmaci per la diarrea o per la pesantezza allo stomaco.
Per alcuni pazienti può essere preso in considerazione un trapianto autologo di cellule staminali.
In casi di maggiore compromissione della funzione renale, può essere necessario l’inizio della dialisi.
In casi selezionati infine, potrebbe rendersi necessario un trapianto dell’organo colpito dalla malattia.
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Amiloidosi sistemiche e gammopatie monoclonali: percorso diagnostico, terapeutico, assistenziale, Ospedale Fatebenefratelli “S. Giovanni Calibita Isola Tiberina, Maggio 2021