Epidemiologia

EPIDEMIOLOGIA

La depressione costituisce una condizione patologica invalidante globalmente diffusa; secondo dati recenti presenti in letteratura, si stima che possa interessare fino a 350 milioni di persone in tutto il mondo (numeri che possono risultare tuttavia sottostimati a causa del mancato “riconoscimento” diagnostico e della stigmatizzazione della patologia in molti Paesi). Secondo una recente stima da parte dell’OMS, la depressione rappresenta attualmente la prima causa di disabilità a livello mondiale, con importanti ricadute sullo status psico-fisico della popolazione e un conseguente impatto sul bilancio economico delle singole nazioni. Studi a livello globale affermano che gli individui che soffrono di depressione sono aumentati del 18% nell’arco di tempo compreso tra il 2005 e il 2015. È inoltre destinata ad essere la prima causa di spesa sanitaria entro il 2030.

Si stima che la depressione - in tutte le sue forme - nel nostro Paese colpisca più di 3 milioni di persone. In Italia quindi, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la depressione ha una prevalenza del 5%.

La Depressione maggiore – la forma più severa e conclamata della patologia – colpisce un milione di persone in Italia;


Se non correttamente trattata è associata ad una elevata mortalità stimata intorno al 15%, sia per un aumentato rischio suicidario che per una maggiore probabilità di sviluppare patologie sistemiche, come disturbi cardiovascolari, malattie neoplastiche o abuso e dipendenza da alcol e sostanze.

I risultati derivanti da numerosi studi portati avanti negli ultimi vent’anni hanno rivelato che più del 30% dei pazienti con Depressione Maggiore non risponde ai trattamenti standard raccomandati dalle linee guida.
Le più comuni cause di questo allarmante dato possono essere individuate nell’inadeguata indicazione e posologia delle terapie farmacologiche prescritte, con conseguente ridotta/mancata efficacia clinica; nell’insorgenza di effetti collaterali che portano l’individuo a una minore aderenza alle terapie; in fattori genetici/individuali che condizionano il metabolismo e la risposta clinica ai farmaci antidepressivi di vecchia e nuova generazione.

L’esordio può manifestarsi a qualsiasi età, con picchi di incidenza nella tarda adolescenza (15-19 anni) e nella giovane età adulta (25-29).


Il decorso è variabile ed estremamente soggettivo: solitamente si sviluppa in episodi ricorrenti preceduti e seguiti da periodi di benessere, con notevoli ripercussioni negative nell’ambito della vita relazionale, sociale e lavorativa. Basti pensare che solo per quanto riguarda la sfera lavorativa, un’indagine condotta dall’istituto di ricerche di mercato ELMA su oltre 300 pazienti italiani con una forma di depressione resistente al trattamento, ha evidenziato che ogni anno a causa dei disturbi si perdono mediamente 42 giorni, pari circa a un giorno a settimana.



Le donne sono più colpite rispetto agli uomini, con un rapporto di 2:1 (prevalenza lifetime 14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini), così come i single e chi ha un matrimonio alle spalle rispetto a individui sposati. La depressione femminile si presenta più frequentemente nelle fasi della vita in cui si manifestano grandi cambiamenti ormonali, quali pubertà, gravidanza e puerperio, climaterio e menopausa. Basti citare a tal proposito la depressione post partum, che si manifesta generalmente nei primi mesi successivi al parto: è stata stimata un’incidenza superiore al 10% delle madri. La depressione postnatale può inoltre influenzare lo sviluppo psicofisico del bambino, la salute della madre stessa e comportare un elevato costo socio-sanitario. Le donne possono inoltre sviluppare un disturbo disforico premestruale: i disturbi compaiono nei 7-10 giorni prima delle mestruazioni e permangono fino alla fine del flusso, in una percentuale che va dal 2 al 10% del totale delle donne in età fertile.

Un’altra popolazione altamente a rischio è quella degli anziani al di sopra dei 65 anni di età. Il pensionamento, il possibile decadimento cognitivo, la stretta associazione tra la sintomatologia depressiva e le multiple comorbidità sono tutti fattori di rischio per i pazienti in esame. Risulta infatti significativo il confronto tra la prevalenza annuale del Disturbo Depressivo Maggiore in individui privi di comorbidità, pari al 3,2%, e quella in individui affetti da patologie mediche croniche dove la frequenza varia dal 9,3 al 23%. Oggi i dati indicano un’incidenza pari al 10-15% della popolazione durante la terza età, ma si tratta quasi sicuramente di numeri sottostimati.

In Italia, la prevalenza di depressione maggiore nelle persone over 65 oscilla tra lo 0,9% e il 9,4%, mentre sintomi depressivi sono stati rilevati in una proporzione generalmente più ampia, fino ad arrivare al 49% della popolazione anziana. Altri studi condotti in Europa suggeriscono un’incidenza del 12,3% nella popolazione in esame. L’incidenza di disturbi depressivi nei pazienti over 65 rappresenta una seria condizione patologica e di impatto sociosanitario. Difatti, con l’aumento dell’aspettativa di vita e il conseguente aumento di persone della terza età, la depressione andrà inevitabilmente incontro ad una maggiore incidenza tra gli individui suddetti.


Fonti

Investing in global mental health: the time for action is now. Summergrad P., The lancet. Psychiatry. 2016;3:390–391. doi: 10.1016/S2215-0366(16)30031-1.
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Depression among older people in Europe: the EURODEP studies.
Copeland JR1, Beekman AT, Braam AW, Dewey ME, Delespaul P, Fuhrer R, Hooijer C, Lawlor BA, Kivela SL, Lobo A, Magnusson H, Mann AH, Meller I, Prince MJ, Reischies F, Roelands M, Skoog I, Turrina C, deVries MW, Wilson KC.
La salute mentale in Italia. Libro bianco 2019, Fondazione Onda. Franco Angeli Editore