A causa della pandemia il 50% della popolazione ha iniziato a risentire di disturbi del sonno. Anche i bambini possono manifestare i sintomi e i problemi potrebbero persistere anche una volta revocato lo stato di pandemia.
Da vari studi è emerso come, a causa del lockdown e in generale degli scompensi creati dalla pandemia, il 50% della popolazione italiana ha iniziato a risentire di disturbi del sonno. E’ stato Giuseppe Plazzi, presidente dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS) e Direttore del Centro per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno all’Ospedale Bellaria di Bologna, ad esporre l’argomento al Congresso della Società italiana di Neurologia, facendo riferimento a due diversi lavori pubblicati sulle riviste The Lancet Psychiatry e Jama Open.
Dal primo studio si è evinto che, su un campione di 60mila persone ammalatesi di Covid-19, l’insonnia è al secondo posto tra i disturbi collaterali provocati dalla malattia. Il secondo, condotto in Canada da Charles Morin, ha constatato che, una volta comparsa (e a prescindere dalla causa scatenante), l’insonnia ha una forte tendenza a diventare permanente. Un problema, dunque, che potrebbe persistere anche oltre la pandemia.
Da un ampio studio italiano, coordinato dall’Università di Parma e pubblicato sulla rivista Frontiers of Psychology, è emerso che il 55.3% dei seimila casi indagati lamentava una ridotta qualità del sonno: i maggiori sintomi con il quale il disturbo si manifesta sono il ritardo ad addormentarsi, frequenti risvegli durante la notte e l’esperienza di sogni poco piacevoli; ad accusare di più tali disturbi sono stati donne e bambini.
Inoltre, le sregolatezze nel dormire possono far sì che anche il metabolismo ne risenta largamente. Aumento dell’appetito e pasti fuori orario, insieme ad un aumento della resistenza all’insulina, porterebbero ad un possibile aumento di peso, con i relativi problemi che questo può determinare. Un circolo per nulla virtuoso, che riguarda allo stesso modo soggetti di diverse età.