La depressione non è una malattia strettamente ereditaria, ma vivere a stretto contatto con una persona malata può sviluppare in chi gli sta accanto uno stato di profonda tristezza e un senso di impotenza.
La depressione non si trasmette semplicemente di madre in figlio: sebbene per anni sia stata sostenuta l’ipotesi di una base unicamente genetica per la depressione, una ricerca pubblicata sull’American Journal of Psychiatry ha recentemente affermato che questa patologia multifattoriale e complessa ha sicuramente dei fattori ereditari e genetici, che però si combinano con altri fattori di rischio di tipo ambientale.
L’articolo, pubblicato nel maggio 2019, spiega infatti che la depressione non è strettamente ereditaria e che piuttosto può essere definita familiare, nel senso che può circolare tra i vari componenti di una stessa famiglia: nello studio, infatti, emerge che i figli di genitori con trascorsi legati a una depressione incorrono in una maggiore probabilità di sviluppare il medesimo disturbo.
I risultati indicano che la correlazione fra tali situazioni e i disturbi depressivi è reale, ma che è dovuto a cause differenti rispetto a quelle ipotizzate. La genetica e il contesto in cui si vive sono due elementi che per esempio concorrono allo sviluppo della depressione; una recente ricerca ha svelato come i giovani cresciuti a stretto contatto con situazioni depressive, avevano l’area destra del cervello - quella legata alla gratificazione, alla motivazione e all’esperienza del piacere - più piccola rispetto a quella dei coetanei.
Esiste quindi un rischio biologico legato alla possibilità di sviluppare una qualche malattia, che sia psicologica o meno, e questo è molto influenzato dai fattori ambientali. Chiaramente anche chi ha un bassissimo rischio genetico di sviluppare la depressione, può ugualmente sviluppare la malattia in caso di situazioni fortemente difficili, ma maggiore è la predisposizione biologica, minore deve essere il fattore ambientale in grado di scatenare la depressione.