Ho 28 anni e soffro di rettocolite ulcerosa. Da tanto: era il 2008 quando tutto ha avuto inizio ufficialmente, con una serie di ricoveri e passaggi da medici, esami rimandati, complicazioni che hanno ritardato un po' la diagnosi
Soffrivo di crampi e avevo sangue nelle feci tanto che venni ricoverata. Ero così piccola e avevo così tanto dolore che riuscirono a farmi solo una rettoscopia e mi diagnosticarono una colite indeterminata. Quello purtroppo non fu l'unico ricovero. Ne seguirono altri, e la strada verso la diagnosi venne complicata non poco: stavo male, avevo preso un rotavirus, che rimescolò un po' le carte in tavola, rimandando anche la colonscopia che avevo in programma. Per un certo periodo sono anche stata alimentata con sondino, continuavo a perdere peso e come se non bastasse ho sviluppato trombosi venosa profonda del seno sagittale sinistro e crisi epilettiche, forse a causa dell'eccessiva disidratazione.
Così mi sono ritrovata in mezzo a questo calvario che ero solo adolescente. E con fatica ho dovuto anche prendere familiarità con visite mediche e farmaci, all'inizio curando, per almeno tre anni, solo gli aspetti neurologici del mio malessere. In realtà la malattia era solo “nascosta”. Fino al 2011, quando l’ho finalmente conosciuta per nome, grazie a una diagnosi certa che ha chiuso il quadro clinico. Oggi mi curo e sono seguita da alcuni specialisti e, tralasciando alcune piccole ricadute recenti che si sono però risolte con qualche farmaco, sono praticamente in remissione dal 2017.
So di non aver avuto una vita facile a causa della malattia, anche se sono ancora giovane. Ma forse proprio per questo mi sento una miracolata, ancor più che fortunata. La vera fortuna, nel calvario, è stata avere sempre accanto i miei genitori: può sembrare banale, ma anche quando vedevo tutto buio, sono stati i miei angeli custodi. Senza di loro non ce l’avrei fatta, sono stati loro che mi hanno dato la forza di rialzarmi, più forte di prima.