Questa è una storia a lieto fine: oggi io e il mio compagno abbiamo due bambini e possiamo goderci con gioia la famiglia che stiamo costruendo. Ma quanti ostacoli abbiamo dovuto superare, per poter dire che ce l’avevamo fatta! Diagnosi non tempestive, difficoltà di comunicazione con i medici, terapie inadeguate... Un percorso lungo e difficile, cominciato all’inizio del 2021, quando il mio compagno ha cominciato a stare male, con scariche liquide miste a sangue che non passavano mai. La situazione era davvero pesante: era arrivato a 20 scariche al giorno, non riusciva più a mangiare nulla, era stanco e smagrito, aveva perso peso 12 chili in otto giorni, tanto che alla fine era stato necessario il ricovero in ospedale. Una notte sola, purtroppo senza una diagnosi e dunque senza la percezione della gravità della sua situazione. Era necessario fare riferimento a uno specialista. E infatti il primo gastroenterologo contattato d’urgenza fu chiarissimo, perché la colonscopia parlava da sola: Malattia di Crohn.
Nel frattempo la mia gravidanza andava avanti. A marzo nasceva il nostro secondo figlio, dopo la primogenita. Nonostante la grande gioia, però, non riuscivamo ad essere sereni. Le terapie non sembravano sufficienti, i medici spesso non erano d’accordo sul percorso da seguire, e noi ci sentivamo in balia di qualcosa più grande di noi.
Una situazione così preoccupante da richiedere un nuovo ricovero. “Appena in tempo”, ci dissero i medici del reparto. Ancora qualche giorno e forse non si sarebbe mai ripreso.
Trenta giorni in ospedale è un tempo lunghissimo. Lui nella sua stanza, io a casa con due bambini piccoli e una grande preoccupazione addosso, sembrava non finire mai. Per fortuna anche questo periodo finì, il mio compagno tornò finalmente a casa, con la speranza di un po’ di tranquillità. Una speranza durata poco, purtroppo. Dopo un breve periodo di ripresa, ricomincia a stare male, con dolori articolari terribili. Lo confesso: fu un momento di grande sconforto. Dopo tutto quello che avevamo passato, non avevamo diritto ad una esistenza normale, a un po’ di pace con i nostri figli?
Per fortuna alla fine la medicina ha avuto la meglio sulla malattia. Oggi il mio compagno ha trovato la terapia che fa per lui, si sente bene, è tornato a lavorare. E finalmente abbiamo trovato un po’ di serenità. Probabilmente sarà una convivenza a vita con la sua malattia, lo sappiamo bene. Ma l’importante è avere oggi gli strumenti giusti per tenerla sotto controllo.