Ho trentanove anni, e da circa metà convivo con la colite ulcerosa. Una coinquilina scomoda, ingombrante, cui cerco di non darla vinta, anche se è impossibile da ignorare. In realtà c'è stato un tempo in cui credevo che ci sarei riuscita, malgrado conoscessi benissimo la malattia prima ancora che riguardasse me. Mia nonna infatti aveva avuto la colite ulcerosa. Ma quando si è bambini è facile pensare alle malattie degli adulti, degli anziani: pensavo che fosse normale stare male, a quell’età. Quando ho scoperto che io, sua nipote poco più che ventenne, avevo la stessa malattia, non volevo crederci. E infatti per un anno ho fatto finta di niente.
E non ho voluto prendere coscienza della mia condizione neanche dopo la diagnosi arrivata con la prima colonscopia, dopo aver tentato senza successo di curare quel sanguinamento con farmaci per le emorroidi. Avevo i sintomi, conoscevo la malattia, ma mi ostinavo a pensare e comportarmi come se fossi sana. Purtroppo quando hai la colite ulcerosa non puoi farlo. Almeno, non per molto.
Ma anche questa strada non era percorribile. Non mi aveva aiutato ignorare la malattia, ignorare le terapie non sarebbe stato meglio. E se è vero che non facevo nulla per curarmi, ero comunque ossessionata dalla malattia e dal sangue: ogni volta che andavo in bagno esaminavo le mie feci con i guanti. Qualcosa è cambiato quando ho conosciuto il mio gastroenterologo: mi piace pensarlo come un angelo venuto dal cielo, perché è grazie a lui se ho imparato ad accettare la colite ulcerosa, a capire che non scomparirà, ma che posso conviverci.
Naturalmente non va sempre tutto bene, ho ancora i miei momenti di sconforto, ma ho capito che non posso e non voglio farmi condizionare dalla mia malattia. Malgrado le mie questioni di salute sono infatti riuscita a laurearmi, ho trovato un lavoro e oggi convivo pacificamente con la malattia, cercando di superare le difficoltà che non vedo più come limiti insormontabili. Provo a essere coraggiosa, voglio farlo e ora mi serve più che mai, perché spero di riuscire ad avere un bambino con il mio compagno, un uomo straordinario che mi è vicino da 17 anni. È un sogno, è vero. Ma anche i sogni, a volte, possono diventare realtà. E io voglio realizzarlo con tutta me stessa.