Il mio Crohn ha più di quarant'anni. Dopo tutto questo tempo ho dovuto per forza imparare a
convivere con lui, ma non è stato semplice. Anche perché, purtroppo, nella mia famiglia non
riuscivano a capire che la cosa che mi aveva stravolto la vita non dipendeva da me. Non era colpa
mia se dovevo correre di continuo in bagno, e non era una scusa quando dicevo di non poter uscire
o non poter mangiare le cose di sempre.
Tutto è cominciato nel 1981, appena sei mesi dopo il parto. Perdevo sangue, avevo scariche continue, e dimagrivo in modo impressionante: arrivai a pesare 39 kg e smisi di allattare. All’inizio non capivano cosa avessi: i medici pensarono alle ragadi, o addirittura a una brutta forma di stress post parto, anche se la colonscopia fatta in quel periodo suggeriva di guardare altrove. E infatti non di stress si trattava, ma di Crohn. I primi anni di malattia li ricordo sempre in ospedale: passavo più tempo con i medici che in famiglia, al punto che dovetti lasciare il lavoro per prendermi cura di me stessa. Di quegli otto anni di ricoveri ricordo la malattia e tutti gli esami invasivi che dovetti fare, ma anche la sensazione di essere una cavia. D'altronde negli anni Ottanta di Crohn si parlava ancora poco, non certo come oggi.
Per esempio, ricordo che fui tra le prime nella mia Regione a provare un farmaco, cui però risultai allergica, tanto da peggiorare le mie condizioni di salute. Da allora la mia vita con la malattia è stata un'altalena: provai altre terapie, negli anni Novanta ebbi la fortuna di sperimentare un po' di remissione, poi di nuovo un'altra terapia a lungo, fino a un brutto fuoco di Sant'Antonio, cui seguì un ascesso intestinale che si risolse dopo tre mesi di trattamento. Nel 2013 mi trovarono delle stenosi e mi suggerirono di operarmi, parlando di stomia. Rifiutai, cambiai medici e centro, me ne trovai uno lontano da casa: mi diedero nuovi trattamenti e scampai l'intervento. Sono nove anni che evito una colectomia totale e ileostomia definitiva, anche se so che non sarà per sempre, come mi hanno detto i dottori. Nel frattempo aspetto il prossimo farmaco, poi si vedrà. E ai giovani dico: non arrendetevi e non mollate mai, noi siamo più tosti del Crohn.