Ho scoperto di avere la retto-colite ulcerosa pochi mesi prima che l'Italia vincesse i mondiali, nel
2006. Avevo 18 anni allora, e di quel periodo, che dovrebbe essere di spensieratezza e festa, io
ricordo le partite della Nazionale e i miei sogni per il futuro, ma anche il mio corpo troppo deperito.
La malattia si era manifestata nel modo più classico per chi la conosce - sanguinamento durante la
defecazione - ed era stata identificata subito grazie all'intuito di un medico molto attento, che mi
prescrisse una rettoscopia con urgenza. Così, mentre l'Italia alzava la coppa sotto il cielo di Berlino,
io mi guardavo intorno e pensavo “chissà che succederà ora”.
Nell'immediato, nella mia vita successe questo: l'arrivo dei farmaci e uno stravolgimento della mia dieta. Il medico mi disse, tra le altre cose, di scegliere un'alimentazione che aiutasse il mio intestino a non fare le bizze: così per mesi non ho mangiato altro che riso in bianco, petto di pollo ai ferri e parmigiano. Non sopportavo di dover seguire un regime alimentare così serrato, in realtà non lo sopporto neanche oggi, a distanza di anni, ma non mi sono mai abituata a queste rinunce. Né d'altronde ci si abitua alla malattia: lei stessa cambia di continuo, un po' va meglio, un po' no, e cambia anche tutto quello che le gira intorno. Oggi, a 34 anni, la mia retto-colite ulcerosa è peggiorata, i farmaci sono aumentati e le cure potrebbero cambiare ancora, sono giusto in attesa del referto (e responso) dell'ultima colonscopia.
La sensazione però è la stessa da anni: inadeguatezza, ansia sociale e, come un cane che si morde la coda, fame nervosa. E ovviamente imbarazzo a volte: ricordo quando me la sono fatta letteralmente addosso o ho dovuto nascondere, in modo alquanto rocambolesco, rumori sinistri che provenivano dal bagno in cui, ahimè, c'ero io. Se non bastasse c'è poi spazio anche per una buona dose di sensi di colpa, anche se le cose non stanno così: “sei troppo ansiosa!”, “questo non puoi mangiarlo!” mi rimbombano nella testa come rimproveri che il mio corpo mi fa per averlo maltrattato.
Sono passati 16 anni dalla mia diagnosi e oggi mi è chiaro che il mio è un percorso a ostacoli, soprattutto ora che la malattia pone un freno al desiderio di maternità, in attesa di un periodo migliore. Sta di fatto, però, che qualcosa alla retto-colite ulcerosa lo devo: l'arte di sdrammatizzare, un po' di sana autoironia e la capacità di circondarmi di persone fidate che sanno che quando ti scappa ti scappa!