Da diverso tempo i riflettori della ricerca sulle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono puntati sulla calprotectina fecale. Un nuovo studio conferma la sua importanza, dimostrando che tenere sotto controllo questo valore può aiutare i medici a identificare i pazienti con malattia di Crohn nei quali la malattia potrebbe progredire a prescindere dai sintomi. Questo studio, pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, è stato realizzato dai ricercatori della University of Edinburgh nel Regno Unito.
Negli ultimi anni, si è cominciato a tenere in considerazione il livello di guarigione mucosale come valore chiave nell’ambito della gestione delle MICI. Questo, infatti, si assocerebbe a un decorso più favorevole sia della colite ulcerosa sia della malattia di Crohn.
I ricercatori di Edimburgo spiegano nel loro articolo che studi precedenti hanno già mostrato il ruolo della calprotectina fecale come marker prognostico della guarigione mucosale, nel contesto di una remissione indotta da trattamenti chirurgici o farmacologici. “Tuttavia non era ancora stato dimostrato se livelli elevati (di calprotectina fecale), riscontrati a prescindere dalla presenza di sintomi clinici, potessero essere associati a una progressione della malattia”, spiega Nicholas A. Kennedy, coautore dello studio.
La calprotectina è una proteina presente in alcuni globuli bianchi che, nel caso di un’infiammazione dell’intestino (come nel caso delle malattie infiammatorie croniche intestinali), può essere rilevata nelle feci e fornire informazioni utili per la valutazione di questo stato infiammatorio.
Per studiare il suo ruolo come indicatore di progressione della malattia, i ricercatori hanno condotto uno studio retrospettivo su ben 918 pazienti con malattia di Crohn in cura in un centro di Edimburgo tra il 2003 e il 2015. Con le loro analisi, gli studiosi hanno scoperto che livelli elevati di calprotectina fecale erano effettivamente associati a una progressione avanzata della malattia indipendentemente dalla presenza di sintomi o dalla localizzazione dell’infiammazione.
"La calprotectina fecale elevata è associata ad un elevato rischio di progressione della patologia in pazienti con malattia di Crohn", hanno concluso i ricercatori. “È dunque importante sottoporre a questo tipo di screening, durante i controlli di routine, anche i pazienti asintomatici”.
Secondo gli scienziati, tuttavia, servirebbero altri studi per definire meglio il ruolo e l’utilità del monitoraggio di questa proteina e valutare eventuali vantaggi di interventi che, avendo questa come obiettivo, riducano il rischio di progressione della MICI.