Nonostante i progressi nella gestione dell’ipertensione arteriosa polmonare (PAH), la mortalità delle
donne in gravidanza affette da PAH rimane abbastanza alta, con percentuali che vanno dall’11 al
25%. Tuttavia, in un numero sempre maggiore di giovani donne si riesce a tenere sotto controllo in
modo discretamente efficace la patologia, concedendo loro di condurre una vita “quasi” normale.
Molte donne, pur sapendo che la gravidanza può accelerare la progressione della PAH e che le linee
guida attuali raccomandano di evitarla, accettano i rischi e programmano la gravidanza.
In un comunicato recentemente pubblicato sul Journal of Heart and Lung Transplantation,
un’equipe di specialisti presso la scuola di Medicina di Hannover, in Germania, ha dichiarato di
seguire un approccio basato su consulenze individuali alle donne che decidono di portare avanti una
gravidanza. Dal 2007, in questo centro di Hannover, si è iniziato a documentare le gravidanze di
donne con PAH, formando un team multidisciplinare di specialisti in ipertensione polmonare e di
ostetriche, anestesisti e chirurghi cardiotoracici per la gestione di queste pazienti. La regola generale
è stata quella di non incoraggiare la gravidanza. Tuttavia, nel caso in cui la PAH fosse sotto controllo,
gli specialisti assumevano una posizione “neutra” riguardo la gravidanza, condividendo esperienza
ed evidenze scientifiche con le pazienti, così da aiutarle e supportarle nella loro decisione finale. Nel
caso in cui, invece, la malattia non fosse considerata sotto controllo, la gravidanza veniva
fortemente sconsigliata, continuando però a fornire tutto il sostegno di cui paziente e familiari
avevano bisogno.
Nel report pubblicato, vengono riportati gli outcome clinici di donne in gravidanza con PAH, tra il
2007 e il 2019, che si sono rivolte al centro. In totale sono state seguite 16 pazienti e 25 gravidanze
(alcune donne hanno partorito più volte). 5 pazienti hanno avuto 5 aborti spontanei e 3 interruzioni
della gravidanza. 13 donne hanno partorito con successo 17 volte, dando alla luce 18 bambini (tra
cui una coppia di gemelli), sani alla nascita. Tutte le donne sono rimaste stabili durante il periodo
della gravidanza, eccetto una. Questa donna, alla settimana 36, ha sviluppato un’infezione al tratto
respiratorio, seguita da una rapida insufficienza cardiaca destra. Ha dunque subito un taglio cesareo
e dopo la mancata risposta alla terapia farmacologica è stata sottoposta a trapianto di polmoni, 31
giorni dopo il cesareo. Durante il follow-up, a 2 anni dal trapianto, sia la madre che il figlio erano vivi
e riportavano buone condizioni. In generale, il follow-up delle pazienti è durato da 1 a 12 anni (media
6 anni). 6 pazienti hanno mostrato un peggioramento delle condizioni cliniche entro 9-22 mesi dal
parto. Tutte queste pazienti, tuttavia, hanno risposto positivamente ad una escalation del
trattamento ed erano vive al termine del follow-up. I figli delle pazienti (tra 1 e 12 anni) sono rimasti
sempre in buona salute fino alla fine del follow-up. Quindi, in linea generale, la gravidanza rimane
un evento complesso e rischioso per le donne con PAH, ma è altrettanto vero che buoni outcome
clinici nel medio termine possono essere raggiunti, soprattutto nelle pazienti con una patologia ben
controllata e gestita da un team multidisciplinare formato da esperti nella gestione della gravidanza
e della PAH.
Nonostante il limitato numero di casi presi in esame, secondo gli autori di questo studio, un approccio individuale basato sulla valutazione dei rischi e sulle decisioni condivise riguardo la gravidanza di donne con PAH potrebbe rappresentare una scelta più adeguata rispetto alle attuali linee guida, che invece raccomandano di evitare del tutto la gravidanza.
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Kamp C J et al. Journal of Heart and Lung Transplantation. 2021; 40(3): 229-233.